poltrona sacco trasparente polistirolo Piero Gatti
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L’ultimo saluto a Piero Gatti, inventore della Poltrona Sacco

Piero Gatti, architetto di Torino le cui opere sono esposte in tutto il mondo è morto pochi giorni fa. Ingloriosamente i titoli sono stati solo per la “poltrona di Fantozzi”.

poltrona di Fantozzi

Abbiamo chiesto a Michele Albera, docente presso lo IED di Torino di spiegarci un po’ meglio l’opera di Gatti ed i retroscena dietro la nascita di questa poltrona.

Molti di noi l’hanno vista più volte, magari sotto forma di imitazione ma pochi ne conoscono la storia.

La poltrona Sacco è una seduta che nasce da un’idea del 1968 di tre studenti Italiani, di Torino: Gatti, Paolini e Teodoro per Zanotta. La Sacco è composta da un involucro contenente sfere di polistirolo espanso, personalizzabile e disponibile in svariati colori e finiture, dalla pelle al tessuto.

reclame poltrona sacco

Perché è così importante?

Gatti, Paolini e Teodoro destrutturarono il concetto di poltrona, prendendo coscienza che una sedia non necessita necessariamente di quattro gambe, seduta e schienale, ideando qualcosa di molto più concettuale. Questo processo di destrutturazione, apparve rivoluzionario, interconnesso con il periodo in cui avvenne: la Poltrona Sacco fu creata nel ’68 e ne rispecchia tutti i valori e il desiderio di cambiamento.

ideatori della poltrona sacco

Fu anche per questo che divenne un icona e una delle sedute più imitate in assoluto. Il progetto è anticonvenzionale e di tendenza, il processo di rottura del Radical Design italiano degli anni 60 si stava ormai diffondendo in tutto il mondo.

Ma come nacque l’idea di questa poltrona sacco?

I tre studenti si presentarono direttamente da Aurelio Zanotta portando in spalla una sacca di plastica contenente palline di polistirolo e affermando di avere una poltrona e desiderando che fosse Zanotta a produrla.

poltrona sacco trasparente polistirolo Piero Gatti

Aurelio, avendo già cavalcato progetti altrettanto anticonformisti, colse la palla al balzo e fu proprio per via della poltrona Sacco che si coniò il termine Seduta, non essendo propriamente ne una sedia ne una poltrona.

Arrivata negli States venne chiamata Bean Bag e successivamente ogni prodotto contenente simile imbottitura prese il nome proprio dalla “poltrona fagiolo”: la seduta delle nuove generazioni, dei Peanuts di Schulz, dei fan della musica pop.

Colorata e informale, libera da vincoli di posture predefinite, facilmente trasportabile, amichevole, nel pieno spirito anni 60.

poltrona sacco vari colori

Si può quindi definire una vera e propria icona?

La Poltrona Sacco divenne ben presto un icona del Radical Design, che si distaccava dal Modern Movement, esaltando principi diametralmente opposti: rifiutando l’essenzialità e il minimalismo e investendo sulla creatività individuale e la libera espressione.

 

A differenza dell’Anti-Design però, che si opponeva al Razionalismo, il Radical era più teorico e sfruttabile, la forma era un tutt’uno con la funzione. Molti prodotti del Radical sono usabili a differenza della pura protesta effettuata dall’Anti-Design.Il Radical Design cercava di cambiare la percezione del modernismo proponendo prodotti utopistici e totalmente nuovi.

poltrona sacco colorata

La ricerca di un approccio più giovanile, meno serio di quello offerto dal Good Design degli anni 50, portò i designer a privilegiare oggetti dalle forme morbide, con una voglia di freschezza e cambiamento: da questo nasce la cultura Pop e le forme ardite rispecchiavano l’ottimismo anni 60, spazzando via definitivamente la durezza post-bellica ed essendo improntati per adattarsi ad un pubblico giovanile erano anche relativamente economici. Anche la scelta dei materiali, spesso plastica, rispecchiava la sperimentazione e il radicale cambiamento.

Ma oggi dove è possibile vedere questa poltrona?

La Poltrona Sacco è tutt’ora in produzione ed è esposta nei seguenti musei:

The Museum of Modern Art di New York, Musèe des Arts Dècoratifs di Parigi, Museo dell’arredo contemporaneo di Russi (Ra), Fondazione Triennale Design Museum di Milano,  Musèe National d’Art Moderne di Parigi, Powerhouse Museum di Sydney e Shiodomeitalia Creative Center di Tokyo.