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Torino nella mente: suggestioni cittadine

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Un particolare brano di un gruppo rock torinese descrive bene quello che provo, mentre cammino per le strade del centro della mia città. Devo andare molto indietro nel tempo, tanto ne è passato, troppe mode, troppi cambiamenti della società. Gli Arti & Mestieri, Torino musicalmente significa anche loro. Focalizzo l’album e l’anno di uscita, come sono solito fare quando penso alla musica. Quinto Stato, 1979. La mia esperienza di critico musicale mi viene ancora in aiuto nonostante mi sia allontanato da essa già da un po’.

Quando cammino per queste strade perfettamente ad angolo retto scruto gli anfratti del quadrilatero romano, fatto di esoterismo massonico ora rivitalizzato a moderno tempio della movida notturna, non può che rimanermi Torino nella mente. Come il titolo di quel brano degli Arti & Mestieri, impressa a fuoco nel sangue, nella spina dorsale, in ogni cellula pensante, un DNA. Torino è dentro di me, con tutta la sua torinesità del bogia nen e dell’esageruma nendel lungo serpente d’acqua che si snoda dentro gli argini dei Murazzi.

Torino nella mente anche in periferia, dove il corpo e l’anima sono attaccate come una velina ad una parete con una lingua di nastro adesivo rinsecchito, sempre in bilico per volare via con un colpo di vento. Nel grigiore e nella malinconia dei quartieri popolari la gente vive le proprie storie quotidiane di disoccupazione, miseria e sfratto rinchiusa in alloggi che paiono cubicoli di cemento e vetro, come tante celle di alveari svettanti verso il cielo plumbeo. Pure questo quartiere di torri invecchiato, prima meridionale adesso straniero nei suoi inquilini, è così. Stesse storie, stesse vite. Facce ormai estranee, ricordi adolescenziali di giungla urbana. Quando però la sera rientro in uno di quei cubicoli mi attende il calore di una vecchia segnata dal tempo, che non ha più neanche la mente in cui far stare Torino.

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