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ORGANISMI alla GAM: Dall’Art Nouveau di Emile Gallé alla Bioarchitettura

La mostra Organismi,Dall’Art Nouveau di Émile Gallé alla Bioarchitettura, che ha inaugurato alla GAM il 4 maggio e terminerà il 6 novembre, propone una questione attuale quanto onerosa (è sempre difficile infatti non essere presbiti davanti al presente) ovvero quella che segna la storia di quelle correnti del pensiero scientifico che vanno dall’organicismo al contemporaneo biocentismo. Il tutto mediato dal punto di vista dell’arte, scelta che non è certamente casuale.

Organismi locandina

Se vogliamo infatti adottare una posizione organicistica nei confronti della realtà, dobbiamo per forza farlo da un punto di vista non solo naturalistico, ma anche etico, culturale e dunque artistico.

Perché nasce, infatti, una corrente di pensiero? Forse semplicemente perché risponde ai bisogni di chi vive nel periodo in cui questa si manifesta. Viene però da pensare che fino a cent’anni fa già solo quest’ultima considerazione fosse meno scontata di oggi.

È forse dunque la nostra una fase storica che porta in sé i segni inscalfibili di questo cambio di rotta? Forse è inevitabile che un’eccessiva attenzione verso la tecnologia porti al soffocamento di quel bisogno di trovare un’interezza nella relazione con l’ambiente circostante?

Insomma si, pare che la vita si stia svelando come la più raffinata delle tecnologie che noi conosciamo. Ma se vogliamo capirci qualcosa di più dobbiamo incontrare con i nostri occhi questi segni; se vogliamo dare loro l’utilità che avevano le pietruzze di Pollicino, la mostra Organismi forse è quel di cui abbiamo bisogno.

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L’allestimento apre, nella prima stanza, con una serie di foto e illustrazioni di progetti del biologo contemporaneo Patrick Blanc, inventore dei giardini verticali, il quale viene immediatamente da accostare a un altro artista esposto, ovvero Pierre Huyghe del quale troviamo il video a colori A forest of lines, del 2008 in cui viene riportata una performance durata 24 ore in cui alle sedie del Teatro d’Opera di Sydney sono stati sostituiti alberi.

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Entrambi hanno voluto comunicare la possibilità di invertire il processo di espansione attuato dalla tecnologia sulla natura. Portare la natura a “colonizzare” il mondo artificiale.

Già solo confrontando questi due contemporanei viene da pensare che quanto si cerchi sia in realtà lo spazio (forse ancora germinale) per la ricerca di una nuova forma di tecnologia, questa volta emancipata dalle macchine, dagli agenti dell’inquinamento e da tutto ciò che si presenta come un vincolo al medesimo sviluppo tecnologico.

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Voltando lo sguardo troviamo poi una sezione dedicata a Emile Gallé. Ritratti risalenti agli inizi del novecento, poi vasi risalenti alla fine dell’ottocento.

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Decorazioni floreali su vasi rivestiti, di balaustro, vetro inciso. Si capisce come in quell’epoca si iniziasse a pensare all’arte come qualcosa che volesse preservare in sé la natura, suggerendo un’estetica delicata, rilassante, a tratti onirica e oppiacea.

abyssal plain

E voltandoci di nuovo troviamo un’altra opera di Pierre Huyghe, Abyssal Plain. Questa volta si tratta di un acquario, un ecosistema al cui interno vi sono i resti delle gambe di una statua. Sembra effettivamente di vedere una versione contemporanea delle opere di Gallé. Stessa tipologia di lavoro, ma con l’aggiunta del “rivestimento” concettuale. Infatti nell’opera di Huyghe viene conservata la natura insieme all’arte. Sembra che l’artista voglia proporre l’inclusione della natura nella cultura e viceversa.

Troviamo poi anche le illustrazioni di Santiago Ramon y Cajal, il medico batteriologo indicato come lo scopritore del neurone. Nei lavori esposti vediamo i disegni di Retina di lucertola del 1891, la corteccia uditiva del 1900, la cellula frontale della corteccia sferiodale del bambino del 1900.

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Sembra di intuire la necessità che, dai microscopi del seicento a oggi, vediamo crescere, ovvero quella di osservare la natura da vicino, e scoprirvi all’interno il nostro stesso meccanismo.

Viene in mente la cibernetica di Gregory Bateson o quella di Varela e Maturana, metodi di studio degli organismi viventi i quali utilizzano gli schemi concettuali della teoria della comunicazione o del calcolo automatico.
Possiamo pensare che venga prima la relazione che gli oggetti? Se la pensassimo così dovremmo considerare a tutti gli effetti che noi stessi siamo fatti interamente di relazioni e proprio per questo siamo interconnessi con tutto quanto ci circonda.

Sono certamente tematiche, quelle affrontate in questa mostra, che non sono completamente inedite.  Nel 1902 a Torino fu infatti inaugurata l’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative, curata da Leonardo Bistolfi.

Esposizione Internazionale delle Arti Decorative

Vediamo infatti che la mostra ospita alcune opere presentate in quell’occasione, come La danza di Edoardo Rubino, una scultura in bronzo del 1912 che raffigura donne nell’atto di una danza, per l’appunto.

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O anche il manifesto dell’esposizione, o Le lagrime del 1902 di Luciano Bistolfi e la Planimetria generale di di Aronco, arrivando al presente a noi più vicino, ovvero quell’architettura sostenibile italiana che sfocia nelle teorizzazioni sull’empatia creativa di Marco Cucinella, o anche Slow Food, di cui sono esposti documenti.

Sicuramente Organismi può essere considerata, oltre che una semplice mostra, come una mappa che ci da le coordinate per individuare un processo in atto per un nuovo modo di gestire non la natura intesa come qualcosa di separato da noi, ma noi stessi come esseri viventi, dunque esseri naturali dentro i quali si racchiude tutto ciò che nasce e tutto ciò che muore.

 

Luca Atzori

PS Il 15 agosto in occasione del ferragosto la mostra sarà visitabile al prezzo speciale di 1 euro