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Giovanni Giolitti: lo statista liberale di Mondovì

La politica si ispira al passato per risolvere i problemi del presente. Ricerca nella storia personaggi importanti che possono far da esempio nelle situazioni difficili; proprio ciò di cui abbiamo bisogno oggi.

Giovanni-Giolitti
Uno statista da cui poter imparare può essere Giovanni Giolitti, nato a Mondovì il 27 ottobre 1842. A fasi alterne fu Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia dalla fine del XIX secolo alla Grande Guerra, e successivamente un anno prima del governo Mussolini.

La sua permanenza a capo del governo fu una delle più lunghe nella storia politica dell’Italia unita. Uomo politico pratico, moderato ed esperto conoscitore della macchina burocratica statale, grazie all’esperienza acquisita nella pubblica amministrazione, riuscì a governare l’Italia durante gli anni del decollo industriale e della società di massa, sempre più organizzata in movimenti e associazioni come i partiti, i sindacati e le aggregazioni cattoliche.

Giolitti larga
Molto abile nell’abbandonare il comando nei momenti di crisi e lasciarlo a uomini di fiducia o addirittura ad avversari politici, per poi riconquistarlo e mostrarsi come uomo della provvidenza.
La sua azione di governo fu caratterizzata da una profonda contraddizione, tanto che la sua politica venne detta del “doppio volto” (1) : aperta e democratica al Nord, corrotta e conservatrice al Sud.
Il Nord era sicuramente più produttivo e avanzato, per questo Giolitti consentì gli scioperi nelle fabbriche e attuò importanti riforme per i lavoratori, soprattutto per anticipare e attirare i voti della Sinistra storica, come l’orario di lavoro ridotto, la tutela della maternità per le lavoratrici e nel 1912 il suffragio universale maschile (questo soprattutto per allargare il serbatoio di voti intercettabili).
L’azione dello statista al Sud ebbe un carattere sporadico e non di lungo periodo.
I suoi interventi si limitarono a “leggi speciali” per porre rimedio a situazioni particolari, come i vari terremoti di quel periodo, e il denaro destinato a questa parte d’Italia alimentò clientele e corruzione. Il Sud per Giolitti era un serbatoio di voti da controllare con la forza e con la repressione, dimostrazione di debolezza politica che gli valse aspre critiche dall’opposizione.

Giovanni_Giolitti giovane
Secondo lui non esisteva in Italia un reale pericolo rivoluzionario, a meno che il governo non avesse spinto i lavoratori alla rivoluzione armata, questo sarebbe accaduto se i lavoratori non avessero trovato altre forme legali di protesta, come lo sciopero (2). Giolitti non mancò inoltre di soddisfare le richieste dei nazionalisti e della Destra storica con la guerra di Libia che in realtà si rivelò più dannosa che utile perché i benefici non superavano i costi.
La politica giolittiana ricorda per certi versi quella democristiana e post-democristiana delle mediazioni e degli infiniti compromessi, escludendo per carità le dure repressioni perché nel nostro paese dal dopoguerra c’è sempre stata la più ampia libertà d’espressione, anche se negli ultimi tempi nonostante i numerosi dibattiti non si riesce a cambiare rotta. Il vero cambiamento deve partire dalla singola persona che si rimbocca le maniche nel suo piccolo.
Mi auguro che le future generazioni e in particolare le future classi politiche nascano con la voglia di migliorarsi sempre e prendano spunto da questo personaggio del passato, così determinato nelle sue azioni, nel bene e nel male.

Daniele Di Giovanni

NOTE
1) www.itis-faraday.it
2) Ibidem.