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Fuga da Berlino di Paolo Chiappero

Da una storia vera durante la Seconda Guerra Mondiale

È il 18 aprile 1945. Il più grande conflitto che abbia sconvolto il pianeta si appresta a finire. Molte pagine cruente tuttavia sono ancora da scrivere e tanti, troppi, sono ancora i prigionieri che attendono di scoprire il loro destino.

Un internato militare italiano di nome Giacomo, è tra questi nel lager Starke Stähle di Berlino. Il rischio è alto ma decide: si scappa da lì o si muore. Con lui il compagno di fuga Rino e una VolksWagen che dovrà condurlo tra le strade in rovina di mezza Europa fino all’Italia.

I.M.I. 03121 Fuga da Berlino

Questo è uno dei pochi casi in cui quella di cui stiamo parlando è sia una storia vera che l’opera di uno scrittore. Parliamo infatti della trama, ispirata a fatti realmente accaduti al padre dell’autore, di “I.M.I. 03121 Fuga da Berlino” di Paolo Chiappero.

Per il giorno della memoria abbiamo deciso di intervistare l’autore di questo interessante e sempre attuale libro.

Intervista a Paolo Chiappero

1. Ciao Paolo, grazie per averci concesso l’intervista. Prima di tutto come mai hai scelto di condividere con i lettori questa incredibile storia?

La scelta è nata dalla volontà di raccontare, attraverso un romanzo di avventura ispirato alla rocambolesca fuga di mio padre, “l’altra resistenza”, quella degli Internati Militari Italiani. Un gesto eroico caduto inspiegabilmente nell’oblio.

Si parla di circa seicentocinquantamila soldati italiani finiti nei lager, costretti ai lavori forzati per punizione, dopo essersi rifiutati di arruolarsi nel neonato esercito nazi-fascista a seguito dell’uscita dalla guerra dell’Italia con l’armistizio dell’8 settembre ’43. Cinquantamila di loro non fecero più ritorno a casa, e giacciono ancora nei cimiteri in Germania.

2. Quanto c’è di vero e quanto invece è frutto delle licenze autoriali?

C’è tanto di verità, soprattutto quella più cruenta, ma ho dovuto lavorare molto di immaginazione, soprattutto per ricostruire il lungo viaggio in auto da Berlino a Tarvisio.

3. Come hai affrontato il processo di documentazione per scrivere?

La prima fonte è stata mio padre, anche se, come tutti i reduci dai lager, evitava per quanto possibile di ricordare. Ho quindi raccolto, ricomposto e ordinato i diversi frammenti della storia “carpiti” in quarant’anni di convivenza familiare.

Mi sono poi documentato sugli argomenti principali, sia con trattati storia e anche con l’aiuto di associazioni e esperti in materia. In ultimo, per la ricostruzione dei 1000 km del viaggio e dei luoghi, è stata di grande aiuto la moderna tecnologia web: ho “viaggiato a fianco di mio padre” con Street view per mezza Europa.

4. Il presente storico è una scelta particolare e la prosa è piuttosto asciutta. Sembra di leggere un soggetto di un film a tratti. Era una tua precisa intenzione?

Sì. L’intenzione è stata proprio questa. Il sogno è quello di arrivare ad una produzione televisiva o cinemetografica che raggiunga un vasto pubblico, sopratutto di giovani. In effetti, qualcosa in tal senso si sta muovendo…

5. Tu sei un architetto di lavoro, come vedi la scrittura? È solo una passione o è legata al desiderio di comunicare pagine importanti della nostra storia? Avresti mai scritto un romanzo slegato dalla tua storia familiare?

La scrittura è per me la forma espressiva più profonda. Consente di plasmare situazioni, paesaggi e personaggi , ma sopratutto di “meditare” le parole. E’ un atto profondamente introspettivo, che aiuta a conoscere meglio se stessi.

Consiglio a tutti di prendere carta e penna e provarci: ognuno di noi ha qualcosa di importante da raccontare.Potrei definire la scrittura una “passione acquisita”.

6. Quali sono le motivazioni che ti hanno portato alla realizzazione di questo libro?

Il debito di riconoscenza verso mio padre (e tutti gli altri Internati Militari Italiani) mi ha spinto a scrivere questo primo libro, anche se non mi posso considerare un esperto in materia storica.

Non credo che avrei iniziato la scrittura di un libro se non per raccontare qualcosa di personale. Come ho detto già detto però , con la scrittura ho scoperto anche doti di me stesso che conoscevo poco.

Ho quindi proseguito l’esperienza della scrittura che ha portato ad un secondo romanzo: DEAR JFK, il sequel di IMI 013121 – Fuga da Berlino. Presto sarà pubblicato.

7. Quanto è importante raccontare oggi le piccole storie di personaggi che non trovano spazio sui libri di storia?

La conservazione della memoria è un dovere di tutti. Siamo figli di ciò che accaduto prima di noi. Ogni nostro gesto, anche il più piccolo, può incidere sulla storia. Ricordarli , magari con un libro, non può che farci del bene.